Romeo Zambianchi detto Bagaté o Bagatén, nato a Forlì nel 1869, è stato un famoso aeronauta acrobata. Nel 1897 acquistò il pallone aerostatico dal suo maestro, il capitano Eligio Quaglia, che aveva trasferito a Forlì la sede delle sue evoluzioni. Quaglia fu anche l’istruttore del volatore concittadino Giuseppe Silimbani detto Cenefosse.
Il battesimo dell’aria, che si svolse in solitaria nella sua città, ebbe un epilogo singolare. Zambianchi, decollato con la mongolfiera da piazza Delle Erbe, finì prima dentro il monastero del Corpus Domini e poi sulle pagine dei giornali. L’episodio lo rese famoso e presto le sue prestazioni si moltiplicarono anche fuori dalla Romagna. La memoria popolare fa coincidere quell’incidente con la nascita del soprannome Bagaté, cioè rovinato, proprio per le conseguenze dell’evento.
La sua specialità era il trapezio col quale si esibiva lasciando senza fiato gli spettatori sempre numerosi. Raggiungeva altezze di un centinaio di metri e distanze di qualche chilometro fino a posarsi dove capitava quando l’aria si raffreddava. Il pallone, realizzato in teli di seta, veniva gonfiato di aria calda grazie alla combustione di paglia. Se una scintilla provocava un principio d’incendio, era lui stesso a saltare verso il pericolo spegnendo il fuoco con una spugna imbevuta d’acqua.
Il 10 agosto del 1902 La Domenica del Corriere documentò un suo spettacolare incidente avvenuto nella città di Sulmona. Il pallone prese fuoco e il forlivese si salvò miracolosamente. Si parla di diecimila persone che, tra l’entusiasmo e l’emozione, lo portarono in trionfo. Il famoso giornale racconta: L’aeronauta Zambianchi, di Forlì, doveva fare certe ascensioni libere, a scopo di spettacolo, a Sulmona. Adunatasi in piazza una gran folla, nel pomeriggio del 21 luglio u.s. egli gonfiò la mongolfiera alta quasi 25 metri e quando la seta apparve ben tesa si attaccò ad un trapezio sospeso al pallone e salì in aria facendo gli esercizi ginnastici. Fatalmente il pallone nello staccarsi dal suolo passò vicino alle fiamme del fuoco che aveva(!) servito a gonfiarlo e si accese in un angolo. L’incendio si diffuse presto terrorizzando i curiosi che assistevano agli esercizi. Un frate si inginocchiò levando le braccia, gli uomini gridavano, le donne – fra cui la povera moglie dello Zambianchi – svennero. A qualche centinaio di metri d’altezza si vide il pallone discendere sopra la contrada La Ruccia. La popolazione esasperata si precipitò da quella parte nella persuasione di raccogliere un cadavere. Invece il pezzo di pallone rimasto aveva(!) servito di paracadute, quantunque delle 58 corde che sostenevano il trapezio ben 56 si fossero bruciate. A pochi metri da terra l’aeronauta spiccò un salto cadendo in piedi, perfettamente incolume. Egli fu afferrato, baciato, portato in trionfo rientrando a Sulmona al suono di tre bande e seguito da 10000 persone acclamanti. In verità può dire di averla scampata bella!
Il volatore forlivese contagiò con la passione del volo anche la moglie Ida Mezzetti che spesso l’accompagnò nelle ascensioni, ma che riscosse successi anche in solitaria.
Zambianchi, col suo pallone Fulmine conobbe il fuoco degli incendi, le vorticose correnti d’aria e le fredde acque del mare, ma la grande esperienza di volatore acrobata non fu sufficiente a salvargli la vita. Durante un’esibizione a Partenopoli di Avellino, il vento fece cambiare repentinamente direzione alla mongolfiera e lui urtò il cornicione di una casa, si staccò dal trapezio e precipitò a terra. Era il 1904.
La città di Forlì ha dedicato a Romeo Zambianchi una via nel quartiere Ronco.
Bibliografia:
Rosanna Ricci. Zambianchi Romeo in Personaggi della vita pubblica di Forlì e circondario. Istituto di Storia dell’Università di Urbino. Volume II. QuattroVenti edizioni. Urbino 1996.
Marino Mambelli. 900 Forlivese, anzi italiano. Editrice La Mandragora. Imola 2011.
Marco Viroli e Gabriele Zelli. Personaggi di Forlì. Società editrice. Il Ponte Vecchio. Cesena, 2013.
Antonio Mambelli. Un pioniere del volo. In Il Melozzo, ottobre 1979.