di Mauro Mariani
Nei nostri paesi di campagna, per tutto l’800, si diffuse il fenomeno delle case d’affitto. Erano fabbricati, che oggi chiameremmo condomini o villette a schiera, costruiti appositamente. Ma anche vecchi edifici ristrutturati da proprietari benestanti che, approfittando della situazione economica o politica, intendevano mettere a frutto il proprio capitale affittando camere a piccoli nuclei familiari o a singole persone. Nella maggior parte dei casi gli affittuari erano braccianti o vedove con figli a carico. In qualche caso artigiani, calzolai o sarti con un piccolo nucleo famigliare e qualche entrata economica. Mediamente restavano nel luogo qualche anno per poi spostarsi in altri paesi a seconda delle esigenze. Più difficile era la situazione dei braccianti e delle vedove che, non avendo la certezza di un’entrata economica, vivevano di espedienti e sotterfugi. A volte anche di piccoli furti nei poderi dei dintorni.
La mappa di tale situazione sociale è ben rappresentata dalle notizie che l’informatizzazione degli “Stati delle anime” dell’Archivio parrocchiale di Pievequinta è stata in grado di restituire. Gli “Stati delle anime” erano volumi redatti dai parroci fin dalla fine del 1500. Registravano la situazione demografica delle famiglie residenti in parrocchia e i loro spostamenti. Col passare del tempo si aggiornarono a tal punto che alla fine dell’800 era possibile conoscere la composizione della famiglia, l’età, ma anche la data di nascita, il grado di parentela fra i componenti, il mestiere, il soprannome, il proprietario del podere o dell’edificio. E, cosa ancora più importante per il parroco, l’entità del seminato nel podere. In base a quanto veniva raccolto il prete riscuoteva infatti la “primizia”, cioè una “tassa” che corrispondeva a circa il 5% del raccolto. Lo “Stato delle anime” aveva quindi una funzione multipla: quella economica perché permetteva di valutare quanto avrebbe incassato la parrocchia e quella demografica perché consentiva di conoscere il numero dei vivi e se fosse regolare il loro accesso ai sacramenti. Dagli “Stati delle anime”, nel 1861 con la nascita dello stato Italiano, fu ricavato quello che divenne il primo archivio dell’anagrafe comunale.
La presenza delle case d’affitto è già stata verificata e studiata negli anni passati per le parrocchie di Carpinello e di S. Zaccaria, ma con dei dovuti distinguo. In questi due ultimi paesi, nei punti in cui sono cresciuti i fabbricati in affitto si è poi sviluppato il paese di oggi, mentre a Pievequinta (nella giurisdizione forlivese) il fenomeno si è sviluppato in due distinte zone dove il paese non c’era e ancora oggi non c’è. È da verificare invece alla data odierna la parte della parrocchia in area ravennate, una zona in cui esisteva lo stesso fenomeno ma distribuito in maniera più caotica.
Il primo nucleo a Pievequinta era situato nell’attuale via Del Cippo (in antico via Pasna). Lo individuiamo fra i civici 5 e 25, poco prima della chiesa dei S.S. Pietro e Paolo. Il primo documento che cita il fabbricato è del 1809. Era abitato da un certo Francesco Molducci detto Michilon che ne era proprietario. Abitava nella casa insieme alla moglie, Santa Eredi, ed una nipote. La sua prima affittuaria fu, nel 1819, la mammana, l’ostetrica del paese. A Molducci, che non aveva figli, l’età cominciò ad avanzare, così pensò di creare degli ambienti in cui ospitare affittuari. Nel documento del 1826 compaiono infatti due famiglie, che poi diventarono tre e quindi cinque. Tale situazione di protrasse fino al 1852 quando il Molducci morì. Tutto passò al nipote Giuseppe, che mantenne stabile la situazione fino al 1856.
Proprio nel 1856 venne nominato come nuovo arciprete a Pievequinta Don Nicola Trenta. Nel suo stato di famiglia compaiono due cappellani e la famiglia di suo cugino Angelo, tutti provenienti da Ravenna. Stranamente in quello stesso anno Angelo Trenta diventò proprietario dell’immobile del Molducci e l’anno successivo le unità abitative passarono da 3 a 10. Nel 1863 erano 20. La situazione rimase invariata fino al 1880. Nel documento d’archivio successivo, quello del 1890, il proprietario risulta essere Nicola Artusi, erede Massi, di Forlimpopoli, che già negli anni passati aveva acquisito la casa e il podere dei Garoia situato nell’attuale via Renato Capaci. Successivamente le proprietà furono certamente vendute ai singoli residenti e il loro tracciamento non è più possibile. Ancora oggi quelle unità abitative risultano come una stecca di case a schiera. I muri sono in buona parte quelli originali. Carichi di umidità e crepe. Della famiglia Trenta, morto l’arciprete nel 1864, rimase ancora per qualche anno il cugino Angelo. Ne sono testimonianza i battesimi e i funerali dei suoi figli fino al 1883. Dopo tale data non ne troviamo più traccia in parrocchia e nelle zone limitrofe.
Un altro interessante blocco di stanze in affitto si trovava all’inizio dell’attuale via Donnasanta, chiamata allora via per Forlimpopoli. Era ubicato fra i civici 3 e 13 in quella che verrà indicata dal prete come Borgata Mazzavillani, dal nome del proprietario Andrea Mazzavillani. Lo sviluppo edilizio di quest’immobile iniziò più tardi rispetto a quello di via Del Cippo e il numero delle unità abitative era inferiore. Il motivo stava nel fatto che le prime famiglie residenti erano costituite da un numero maggiore di componenti ed erano coloni che lavoravano le terre sul retro dello stabile. La prima famiglia affittuaria della borgata Mazzavillani entrò nel 1807: era quella di Ruffillo Bendandi det Budela, mentre l’anno successivo entrò anche quella di Domenico Maria Zampiga det Cantor. Nel 1838 le famiglie divennero quattro. In quell’anno il proprietario viene indicato in Matteo Mazzavillani di Giuseppe, di professione possidente e bottegaio. La bottega era al civico 1.
La situazione dell’immobile non si modificò di molto raggiungendo il numero massimo di 6 unità abitative nel 1864. Fra gli affittuari c’erano un bracciante, un falegname, due calzolai e un chierico. Era “clientela” più selezionata e questo consentì una maggiore stabilità residenziale. Tra essi ci fu il sarto Giuseppe Zagnoli det Sarten i cui discendenti abitano tuttora a Pievequinta e il calzolaio Antonio Focaccia det Zavaten, i cui discendenti risiedono tuttora nella zona fra Casemurate e Mensa Matelica.
Bibliografia:
Un sentito ringraziamento a Franco dla Palmina
Stati delle anime della parrocchia di Pievequinta