La cultura di Forlì e della Romagna ha un protagonista privilegiato, coraggioso e longevo. Colmo di intuizioni e propositi. Intelligente. La star delle nostre tradizioni, il protagonista della nostra cultura, è una rivista che per nome porta: il nostro schietto pane, intriso sul tagliere e cotto sulla tegghia. Il pane della nostra terra: la famosa piadina. La piada, La Piê. …E niente – spiega il fondatore sul primo numero – dice più Romagna di questo pane nostro.
La Piê, la madre delle riviste romagnole, è nata in una sera del 1919 nel cuore della Romagna, la Romagna dei campi coltivati, dell’aratro trainato dai buoi aggiogati e della caveja degli anelli, sul confine tra i territori di Forlì e Ravenna. Era il primo dopoguerra e ciò che oggi ricordiamo e cataloghiamo nei musei come tradizione, in gran parte viveva la realtà quotidiana, le abitudini di tutti i giorni. La fatica, la festa e il lavoro.
Passato presente e futuro assieme nel racconto di una terra e del suo patrimonio culturale. Si chiama lungimiranza. Non a caso la combinazione vincente è venuta al mondo in una tana della cultura: la Sisa, ovvero villa Beltramelli. Fu in quel covo del sapere, alla presenza di Francesco Balilla Pratella, Luciano De Nardis e Antonio Beltramelli, che Aldo Spallicci propose di avviare la realizzazione di un nuovo giornale dal cuore antico ma con l’indole moderna. Cosa non facile. Ma tra i collaboratori, oltre a tanti studiosi classici, ci saranno anche numerosi futuristi appartenenti all’avanguardia. Assieme. E senza le storiche litigate. Musica, tradizioni, dialetto, politica, mitologia, folklore, cucina, poesia, letteratura, pittura, scultura. Favole, proverbi, indovinelli, artigianato. Cultura. Sulle sue pagine sono maturate le idee di Romagna e d’Europa. Sono transitate le firme degli studiosi più apprezzati. Rezio Buscaroli, Cesare Martuzzi, Marino Moretti, Augusto Vasina, Pietro Zangheri… Aldo Spallicci
Prima, però, nacque Il Plaustro: un quindicinale simile, al quale Spallicci diede vita nel 1911. Ma il suo carattere, probabilmente troppo elitario, non ne permise il successo. La Piê ne è la continuità e l’affermazione ideologica. Con forza diversa ha attraversato tutto il ‘900. E con un impegno poderoso, forse troppo: quello di essere la voce di tutti i romagnoli. Così spiega Spallici: Il Plaustro si smarrì tra un rudero e una tomba. La Piê vuol camminare tra la nostra gente.
Il primo numero de La Piê è del gennaio 1920, poi l’interruzione imposta dal fascismo nel 1933 mise in caldo le sue idee. La ripresa, voluta da Spallicci, è del 1946. Il direttore riunì gli amici di un tempo per una rinnovata proposta, col solito grandioso modello, il nuovo senza dimenticare il passato. E un grosso rischio da correre: la “piada riscaldata” perde la sua fragranza. Ma non fu così. Ancora oggi, nel XXI secolo, quel prodotto romagnolo profuma di buono.
La Piê aveva una bandiera inconfondibile, la copertina xilografica (oggi non è più così). Con Spallicci hanno lavorato i migliori artisti del tempo dando vita ad un interessante clima culturale proprio attorno alla xilografia. L’incisione su legno dedicata alla rivista, a volte vivacizzata da colori sgargianti, altre volte quietata dalle ruggini romagnole, segnò la strada. Umberto Zimelli, Antonello Moroni, Francesco Nonni, Giannetto Malmerendi sono solo alcuni dei nomi più importanti. Ma non voglio dimenticare gli acquerelli di Maceo. E poi il cuore. Il richiamo della terra. Per molti romagnoli la sgorbia ha un nome: Ettore Nadiani.
La Piê, da sempre targata Forlì e per moltissimi anni guidata da Publio Marzocchi, dal 2004 si è trasferita a Imola presso l’Editrice La Mandragora. Nonostante ciò, con il nuovo direttore Antonio Castronuovo, la madre delle riviste romagnole ha mantenuto il carattere originario e gli obiettivi. Un occhio di riguardo all’antico, ma sempre al servizio del nuovo.
Il 2020 è l’anno del centenario della nascita. Purtroppo dal gennaio 2019 le sue pubblicazioni hanno subito una grave interruzione e il centesimo compleanno è trascorso senza la rivista in edicola. La mancanza si è sentita in profondità. Pensavamo che la Piè fosse solo un’ importante rivista romagnola, ci siamo invece accorti che è un pezzo della nostra storia. Della nostra vita.
Bibliografia:
Marino Mambelli. 900 Forlivese anzi italiano. Editrice La Mandragora.