Il generale Umberto Nobile, il Polo Nord e la leggendaria impresa del dirigibile Italia, hanno un legame inscindibile con la Madonna del Fuoco di Forlì che ben pochi conoscono: una relazione che parla di storia, di conquista. Di eroismo. Il riferimento è a due immagini della Vergine del miracolo forlivese che il generale portò in cabina, assieme ad altri simboli politici e religiosi, nel durissimo viaggio che culminò con il tragico successo aeronautico italiano. Una di queste, una medaglietta, fu lanciata sui ghiacciai da Nobile in persona. Poi, purtroppo, il tragico viaggio di ritorno costò la vita a parte dell’equipaggio. L’intera storia, che ovviamente ebbe risonanza mondiale, è liberamente raccontata nel famoso film “La tenda rossa” interpretato da Sean Connery e Claudia Cardinale.
Umberto Nobile aveva già conquistato il Polo alla guida del dirigibile “Norge” nell’operazione comandata dall’esploratore norvegese Amundsen, impresa che gli valse l’ingresso trionfale nel mondo della mitologia moderna. Era il 12 maggio 1926 e tre furono le bandiere piantate nel ghiaccio a rappresentare le Nazioni che contribuirono all’operazione: Italia, Stati Uniti e Norvegia.
Nella seconda conquista il nome del dirigibile era “Italia”, era stato realizzato grazie all’apporto economico di industriali milanesi e la bandiera a bordo era una sola: “bianca rossa e verde”. Dopo il grande viaggio, le lunghe attese, le ricognizioni e gli avvicinamenti, per il dirigibile era giunto il momento di scendere sul Pack, ma in quei primi minuti del 24 maggio 1928 le condizioni meteorologiche, che fino a poco prima avevano avvantaggiato il volo del gigante, non consentirono la manovra. E i 17 passeggeri dovettero accontentarsi di brindare in quota. Furono aperti i finestrini e dalla cabina furono lanciati la bandiera italiana, una croce donata da Papa Pio XI, il gonfalone della città di Milano e una medaglia che rappresentava la Madonna del Fuoco di Forlì.
Ma come arrivò la protettrice di Forlì nella cabina dell’Italia? Luciano de Nardis (pseudonimo di Livio Carloni), cenacolista forlivese, direttore de La Pié e appassionato estimatore di Nobile e delle sue imprese, ebbe un sogno premonitore che lui stesso consegnò alle pagine de La Piè nel gennaio 1930: Una grande aeronave traversava i cieli – racconta – […] l’aria si assiderava nel crepuscolo. L’Orsa si accendeva, lontanissima, verso la terra senza nome illividita di ghiacci. Vedevo distintamente i fianchi della nave schiarirsi di fiamma: e tra la fiamma vedevo il volto benigno della Madonna di Forlì […]. In quel momento, a Forlì, erano in corso le celebrazioni dei 500 anni dal Miracolo della Madonna del Fuoco e, spinto da quel presagio notturno, De Nardis commissionò una targhetta e una medaglia con l’immagine sacra che concordò con il Comitato organizzatore delle celebrazioni. Il vicario mons. Adamo Pasini presentò le immagini al vescovo Raimondo Jaffei che effettuò la benedizione.
De Nardis scrisse a Nobile: Illustre generale, in nome dei forlivesi, dei romagnoli tutti, Vi chiediamo la grazia di una concessione. Abbiamo ora commemorata la data cinque volte centenaria del Miracolo della Madonna nostra Patrona, che su un foglio effigiata, fu salvata nella ruina di un incendio, così da essere chiamata poi nella storia, nell’arte, nella fede dei romagnoli “Madonna del Fuoco”. A compendio delle nostre feste – solennizzate dall’adesione del Capo del Governo e dall’intervento di un Legato del Pontefice – vorremmo che una targhetta dell’immagine Vi accompagnasse nel nuovo viaggio di Vostra gloria sul mistero dei ghiacci eterni, e una medaglia fosse deposta al vertice della Terra. E’ dolce al nostro cuore di credenti pensare la Vergine dominatrice del fuoco dominare sui ghiacci del confine del mondo; e al nostro cuore di romagnoli e d’italiani è dolce pensare il più caro simbolo del nostro Altare esaltato con l’ala del tricolore nella nuova gesta dell’ardimento latino. La Vergine del Fuoco, nella vicenda di cinque secoli è stata sempre benigna di misericordia per noi: che Lei riconosciamo e invochiamo liberatrice dagli incendi, rasserenatrice delle procelle (tempeste, calamità nda), salvatrice nel pericolo, luce nelle mete combattute. Generale S.E. Rev.ma il vegliardo nostro Vescovo à voluto di Sue sante Mani benedire la targhetta e la medaglia, consacrarle preziose d’ogni grazia alla Vostra fortuna. Accettate il dono e rendeteci il segno del Vostro gradimento e del Vostro assenso. Sull’altare elevato al Miracolo del Fuoco, nella fiamma votiva andranno i nostri cuori con la pietà dell’orazione impetrante che Vi accompagna.
Nobile rispose positivamente: Grazie per la immagine che si sono compiaciuti inviarmi della Vergine del Fuoco. La targhettina verrà applicata in qualche punto della cabina di comando e la medaglietta verrà da me lanciata sui ghiacci com’è vostro desiderio, e se Dio vorrà che noi giungiamo alla meta che ci siamo proposta. Prego di porgere i miei ossequi al Vescovo che ha voluto benedire l’immagine. Quella di Forlì non fu l’unica immagine sacra a trovare posto nella cabina, vi era la Madonna di Loreto, San Cristoforo e San Nicola di Bari. La Madonna del Fuoco fu però l’unica ad essere lanciata in cima al mondo.
Sul libro scritto dallo stesso Nobile il cui titolo è “L’Italia al Polo Nord” edito da Mondadori nel 1930, è precisato: Alle 1.20 mi sporsi fuori della cabina e lasciai scendere la bandiera d’Italia. Già un altro Tricolore si era posato sui ghiacci, ma questo che andava a raggiungerlo rappresentava tutta la nostra passione. Questa volta era solo, quasi a significare che l’Italia al Polo poteva andarci anche da sola. Seguirono il gonfalone della Città di Milano e la piccola medaglia della Vergine del Fuoco, che i forlivesi mi avevano pregato di deporre al vertice della Terra. Alle 1.30 feci scendere la Croce. La seguii con gli occhi finché non la vidi adagiarsi sui ghiacci. Eravamo ad una altezza di circa centocinquanta metri.
De Nardis difese con passione la figura di Nobile nel momento in cui il fascismo, con a capo l’avversario Italo Balbo, gli voltò le spalle accusandolo e processandolo per l’incidente aereo. Tra il forlivese e il generale era nato un rapporto epistolare (ampiamente documentato nel libro “Nobile e il Polo attraverso la Romagna” di Silvio Zavatti a cura di Fabrizio Monti) che sfociò in un intenso incontro. La medaglia – raccontò il generale in quell’occasione – la liberai dall’astuccio il quale riposi poi dove l’avevo custodito insieme ad altre cose, in un armadietto addossato alla parete di sinistra della cabina, quella stessa parete che ha seguito l’involucro nella catastrofe. Altrimenti l’astuccio te l’avrei riportato. La targhettina l’avevo fatta appendere alla parete di destra della cabina, subito che l’avevo ricevuta da te. E’ caduta con noi sul pack, ma non l’abbiamo trovata. Certamente fra i ghiacci sconvolti è andata perduta.
Questo dunque voglio concludere – scrisse l’appassionato De Nardis su La Piè del 1930 -. L’immagine della Madonna del Fuoco è stata deposta al Polo. E’ questa la sola ed unica immagine di Madonna che al Polo rimanga, segno di compiuta conquista. Vi posa tra la Croce e la Bandiera. Vel’à deposta la stessa mano che à guidata per due volte una nave prodigiosa al di là dell’inosabile. Per voi, concittadini, ò baciata quella mano: con religiosa devozione.
Questa ricerca non sarebbe stata possibile senza l’aiuto degli amici Fabrizio Monti e Andrea Donori che ringrazio sentitamente.