Il 21 luglio 1946, nelle acque adiacenti il porto di Cesenatico, si consumò la tremenda tragedia della barca Consolata. Diciassette forlivesi, tra cui numerosi bambini, trovarono la morte nel naufragio dell’imbarcazione che li avrebbe dovuti accompagnare in una gita spensierata nelle acque romagnole dell’Adriatico.
Al termine della Seconda guerra mondiale l’Italia, povera e ferita, era un paese dove le macerie morali e materiali sovrastavano ogni altra cosa. In un contesto così demotivante e oppressivo, a Bussecchio, quartiere della periferia di Forlì, un gruppo di residenti decise di costituirsi in cooperativa per realizzare, con il loro stesso lavoro di volontari, la Casa del Lavoratore: un luogo per incontrarsi, impegnarsi in campo politico, sociale e culturale. Furono progettate anche le prime iniziative di svago. Per passare una giornata al mare fu quindi organizzata una gita a Cesenatico, un sogno estivo al quale parteciparono molte famiglie.
Una volta giunti a destinazione i forlivesi decisero di fare un’uscita in mare. Ma poco dopo essere salpati dal porto canale di Cesenatico a bordo della barca Consolata, su di loro si abbatté una tromba marina dall’inaudita violenza, un turbine che investì la costa romagnola da Cervia a Riccione colpendo anche parte di quella marchigiana. Il tragico episodio fu così ricostruito sul Giornale dell’Emilia del 28 luglio 1946: Verso le 15.30 di domenica scorsa una comitiva composta di gitanti che si erano portati a Cesenatico dalle frazioni Ronco e Bussecchio di Forlì con un automezzo, contrattavano una gita in mare, al prezzo di 30 lire per ogni persona adulta […]. Salirono così 23 o 24 persone, tutte delle suddette località forlivesi. È impossibile indicare con precisione il numero dei gitanti, non essendo ancora stato possibile identificare tutti i salvati, il cui numero dovrebbe aggirarsi da sei a sette […]. La barca – dal nome Consolata – partiva puntando verso il largo del molo. Il tempo non era cattivo, nonostante vi fossero segni precursori di notevole peggioramento […]. Giunti all’altezza del cimitero di Cesenatico, la barca veniva presa dalla tempesta […]. Tutti i passeggeri, in grandissima maggioranza donne e bambini, si trovarono in mare. Sembra che gli uomini presenti tentassero ripetutamente di far star aggrappati tutti all’orlo della barca, la quale, benché piena d’acqua, non è affondata completamente, ma è rimasta, invece, inclinata sul fianco sinistro con la vela appoggiata al mare. Sarebbe stata la violenza del vento a strappare i malcapitati dal legno e dal sartiame, provocando l’annegamento di essi, meno alcuni che poterono essere salvati da una barca che si trovava nei pressi e che proveniva da Pesaro. Essa affrettatamente salvava quanti poteva e proseguiva la corsa, perché costretta dal timone sfiorante il fondale.
Lo sconforto e il lutto per le 17 vittime forlivesi, di cui 9 bambini, furono profondi e si manifestarono spontaneamente in forma collettiva in tutta la città. Enorme fu la partecipazione ai funerali. Ancora oggi, a distanza di molti decenni, il dolore dei familiari non si è spento.
Una lapide posta su muri dell’ex asilo di via Fontanelle (oggi sede del quartiere), porta il ricordo della tragedia: In aperto mare tremendo naufragio travolse è scritto, e sotto l’incisione sono riportati i nomi delle 17 persone che lasciarono la vita al mare: Paris Paganelli (anni 42), Domenica Versari (36), Giampaolo Paganelli (10), Deledda Paganelli (6), Amelia Mercatali (26), Rina Prati (20), Mirella Grillanda (13), Annetta Virdis (28), Paola Peddis (2), Franca Peddis (8), Luciana Montanari (12), Livia Casadei (10), Walter Casadei (1), Evelina Benini (38), Emilia Mazzi (39), Anita Pompignoli (34), Mirella Farneti (9). Anche a Cesenatico una lapide posta più di recente sulla banchina del molo di ponente, fissa il ricordo del tragico episodio. Recenti sono anche le manifestazioni ufficiali realizzate nel comune della riviera. Entrambe le lapidi portano una frase che ben fotografa il drammatico episodio: L’azzurro ed assolato mare tentò gli ignari che il duro lavoro quotidiano ivi aveva spinto in cerca di refrigerio.