Nel quartiere Ravaldino a Forlì un vicolo porta il nome di Faliceto, antico fitotoponimo derivato dalla felce. In latino filix.
Gianluca Brusi sul volume Serallium Colunbe identifica il toponimo faliceto come ricordo del selvatico carattere golenale di quella zona: un’area quindi ai margini del fiume, invasa dalle acque in periodi di piena. Non dobbiamo infatti dimenticare che fino al XIII secolo un ramo del fiume saliva lungo l’attuale via Caterina Sforza per attraversare l’odierna piazza Saffi.
Il felceto, vogliamo anche ricordare, si insedia anche nei terreni da poco disboscati. E proponendo questa soluzione ci caliamo in epoca romana quando la distribuzione dei terreni “centuriati”, fu preceduta da una sostanziale opera di bonifica, compresi i disboscamenti. E il fiume, Montone o Rabbi che fosse, passava da quelle parti offrendo acqua alla facile crescita della flora e quindi anche alle felci.
Ettore Casadei, sulla guida Forlì e suoi dintorni del 1928, azzarda addirittura una situazione morfologica così favorevole da individuare una coltivazione di felce voluta dall’uomo. Da sottolineare però che il toponimo Faliceto non trova origini comuni con il vicino Valverde.
Comunque fosse, la pianta era così rigogliosa e localizzata che determinò il toponimo del luogo. Il suo nome lo troviamo sul Libro biscia di San Mercuriale in un atto del 1192 e lo ritroviamo anche successivamente, ma indicato come un fundus feliceti: cioè una possessione. La presenza della chiesa di San Giovanni in Faliceto (oggi scomparsa), testimonia la sua persistenza e la sua popolarità.
I toponimi derivati dalla felce sono molto diffusi. Ne intercettiamo alcuni romagnoli: Falcino, Filetto, Felsina, e altri italiani: Filicoso (Lucca), Felcino (Arezzo), Filettole (Arezzo).