Bernardino Desiderio Boifava nacque a Ghedi, in provincia di Brescia, il 23 maggio 1888 da Francesco e Domenica Poffa. Straordinario scultore e personaggio schivo, fece di Forlì la seconda Patria. Qui morì nel 1953.
I Forlivesi incrociano ogni giorno una delle sue opere più importanti: si tratta dei quattro altorilievi che l’artista scolpì per il monumento ai Caduti della Prima guerra mondiale realizzato nel 1932 nel piazzale Della Vittoria (allora piazzale Armando Casalini) dal potente accademico d’Italia Cesare Bazzani. Al concorso per il monumento della città del duce aveva partecipato senza successo lo stesso Boifava con un bozzetto che raffigurava un enorme eroe a cavallo accompagnato da una Gloria seminuda. Il Piazzale della Vittoria, collocato simbolicamente sulla romana via Emilia, rappresentava per il regime, e in particolare per Mussolini, il centro della “nuova Forlì” fascista, il luogo attorno al quale far gravitare i nuovi edifici pubblici e il nuovo foro. Per Boifava fu quindi un incarico prestigioso. Le sculture alla base della colonna onoraria sono opere notevoli che vogliono rappresentare i momenti salienti dell’eroe classico: l’Assalto, la Difesa, il Sacrificio, la Pace Vittoriosa.
Bernardino aveva già ottenuto incarichi di prestigio per la realizzazione dei monumenti ai Caduti di Rimini (1923), Ghedi (1924) e Santarcangelo (1926). Tra le sue numerose opere vogliamo anche ricordare: il ritratto del pittore Giovanni Marchini (1920), il monumento funebre a Luigi Ridolfi (1921, pilota al quale è dedicato l’aeroporto di Forlì), il busto del professor Sante Solieri per l’Ospedale civile di Forlì (1921), la statua di Santa Rosa per la chiesa di Predappio (1929, su invito della famiglia del duce), l’erma di Sandro Italico Mussolini per i giardini della Rocca di Forlì (1935).
A Boifava è attribuita erroneamente anche alla statua del Polibulus, il giocatore di pallone a bracciale che rappresenta Forlì allo Stadio dei Marmi a Roma. In realtà la scultura è del perugino Aroldo Bellini che la realizzò assieme a numerose altre per l’Opera Nazionale Balilla.
Per l’irrequietezza del carattere il piccolo Bernardino faticò a completare la terza elementare. Appartenendo ad una famiglia di contadini fu quindi destinato al lavoro nei campi che condusse fino all’età di 17 anni. Nello stesso periodo si dedicò alla piccola arte di autodidatta scolpendo oggetti e disegnando in ogni momento libero. Fu lo stesso padre, colpito dalle doti del figlio irrequieto, ad accompagnare Bernardino presso lo studio bresciano dello scultore Emilio Righetti dove cominciò ad apprendere la scultura e il restauro del legno. Contemporaneamente frequentò la Scuola d’Arti e Mestieri. E’ forlivese la sua prima opera conosciuta: la Beata Vergine del Rosario, scultura lignea che realizzò nel 1911, fa ancora oggi parte del patrimonio artistico devozionale della chiesa di San Marco a San Varano. Il successo ad un concorso artistico a Brescia, ottenuto tenacemente alla terza partecipazione nel 1912, gli garantì poi la possibilità economica di frequentare l’Accademia di Belle Arti a Firenze e Roma. In Accademia ottenne voti altissimi godendo di grande stima da parte degli illustri docenti.
Il 1915 fu un anno che caratterizzò indelebilmente la sua vita. Si diplomò con il massimo dei voti e, arruolato, fu avviato presso l’11° Reggimento Fanteria che aveva la sede a Forlì. E in Romagna rimarrà per sempre, forse precludendosi ad altre opportunità che città maggiormente votate al commercio dell’arte gli avrebbero potuto offrire: parliamo appunto di Firenze e Roma, ma anche di Venezia dove Boifava effettuò un importante viaggio premio grazie agli ottimi voti conseguiti in Accademia. A Forlì trascorrerà la propria vita artistica e personale, conoscerà la moglie, lavorerà intensamente e affronterà spesso problemi economici. Così scrisse Camillo Guidelli su Il Resto del Carlino nel 1982: Amò la sua arte con passione demoniaca. Visse da artista, in povertà.
Nel 1922 ottenne dal Comune di Forlì l’uso della chiesa sconsacrata del monastero di San Salvatore in Vico oggi annessa alla Casa di riposo di via Adrelini. Quel luogo magico diverrà col tempo il suo studio e la sua abitazione. Boifava lavorò per il pubblico e per i privati, numerosi furono i ritratti e i busti, frequenti le opere funebri e i monumenti ai caduti che interpretava con grande sensibilità e personalità classica. Tutto concepito in San Salvatore. La grande porta – racconta Antonio Mambelli, coevo storico forlivese – è ancor quella del Seicento e talvolta vi trovi un cartello con l’avviso: “Torno Subito”. […] Chi lo attende paziente entra nel regno del maestro, ingombro di trespoli e gessi, legni scolpiti e rami sbalzati, mucchi di creta, mobili, tendaggi, libri e disegni in disordine amabile. […] Boifava è padrone di un’esitenza tra le più avventurate, ricca di farse comiche e drammatiche, talora mescolate; per mantenere fede al suo ideale d’arte è riuscito a farsi un nome, il gruzzolo mai. Il denaro gli sembra creato per impigrire e il non averne lo fa ricco in proprietà.
Pur partecipando attivamente al Cenacolo Artistico Forlivese, il maestro Boifava non ebbe stretti rapporti con gli altri artisti e con la critica. Le sue reazioni spesso non conoscevano i mezzi toni e il suo modo di vivere lo presentava come un vero e proprio bohemien. E’ un uomo di media statura – racconta Alberto Nardi su Il Giornale dell’Emilia nel 1950 – vestito comunemente, distratto per quel tanto che la sua professione esige. Ma, sottolinea il cronista de “Il Popolo di Romagna” in occasione della presentazione del busto di Sandro Italico Mussolini per il giardino della Rocca di Forlì, Boifava è uno scultore drammatico, epico, eroico.
Un artista drammatico che lottava ardentemente per le proprie idee. Emblematiche sono le schermaglie sorte attorno al bellissimo monumento ai Caduti di Rimini (vedi la voce dedicata), ma anche quelle create sulla collocazione del monumento nella sua città natale. Il Sacrificio Latino (così si intitola il bronzo), forgiato per commemorare gli oltre cento caduti di Ghedi, fu molto apprezzato e lodato dalla stampa locale, ma Boifava, già fortemente contrariato per non aver ottenuto un anticipo economico per la realizzazione del bronzo, andò su tutte le furie quando, contrariamente al suo volere, in piazza Umberto I il monumento fu orientato a ovest invece che a Sud. E lo scultore non si presentò all’inaugurazione. Nel 1951 l’opera venne spostata in un altro punto della piazza e fu orientata a Mezzogiorno. Nell’occasione il sindaco non mancò di invitare il suo concittadino “forlivese” alla nuova inaugurazione, ma ancora una volta lo scultore non andò alla cerimonia. Lo studioso Angelo Bonini, che ha esplorato le carte della famiglia Boifava, nel saggio dedicato all’artista riporta una lettera che lo stesso aveva destinato al prefetto di Brescia. Sulle pagine si legge: Ora per aver ottemperato, come lui scrive (il sindaco nda) al mio vecchio desiderio di veder l’opera voltata a sud, sono stato invitato ad onorare con la mi presenza la inaugurazione del più grande delitto che si possa compiere in danno dell’Arte e della peggior offesa alla memoria degli Eroi a cui fu dedicata l’opera d’arte da me compiuta col più religioso e profondo amore a ricordare ed esaltare la Bella Morte dei miei amici e compagni d’infanzia. Questo perchè il monumento oltre ad essere mutilato di gran parte dell’architettura basamentale atta ad integrare l’armonia dell’intera mole, è collocato seminascosto in una frivola esedra in mattoni che nulla fa pensare possa durare più di un decennio. Chiaro è il riferimento all’eternità della sua arte.
E’ del 1929, come dicevamo, l’esclusione del suo Polibolus, il giocatore di pallone a bracciale per lo Stadio dei Marmi dell’Opera Nazionale Balilla, il Foro Mussolini, l’odierno Foro Italico: uno dei pezzi forti della propaganda del regime. La statua di Boifava fu forse rifiutata perché considerata poco fascista? E’ solo un’ipotesi. Chiudiamo però con una frase tratta ancora da Il Resto del Carlino del 3 settembre 1982. E’ Camillo Guidelli a scriverla: Al regime di allora fu estraneo, come si addiceva ad un artista quale egli era, ed io che l’ho conosciuto e frequentato, posso testimoniare che non ebbe alcun favore.
Un ringraziamento particolare va al professor Angelo Bonini, a Davide Scarpella, alla Biblioteca di Ghedi e alla Biblioteca Gambalunga di Rimini.
Bibliografia:
Angelo Bonini e Luciano Spiazzi. Bernardino Boifava scultore. Edizione speciale Gaydum. Comune di Ghedi, Provincia di Brescia, 1988.
Paola Saiani. Bernardino Boifava. In: Personaggi della vita pubblica di Forlì e circondario. A cura di Lorenzo Bedeschi e Dino Mengozzi. Istituto di Storia dell’Univesità di Urbino. Edizioni Quattroventi, 1996.
Ferruccio Canali e Giordano Viroli. Monumento ai Caduti. In Luciana Prati e Ulisse Tramonti (a cura): La Città progettata: Forlì, Predappio, Castrocaro. Comune di Forlì, 2000.
Il Popolo di Romagna 21 maggio 1935.
Fondazione Federico Fellini