Il 26 febbraio 1939 moriva, all’ospedale Morgagni di Forlì, Albina Mussolini: sorella di Alessandro, zia di Benito. Era nata il nel 1862 a Montemaggiore di Predappio nella casa del podere Collina, lo stesso luogo celebrato dal Ventennio per aver dato i natali al padre del duce.
Al momento del decesso la stampa di regime la descriveva così: Esempio non comune di laboriosità e di fede, Albina Mussolini si prodigò in ogni momento per i suoi sette figli e per una figliuola adottiva non senza mostrare il suo ardente cuore materno nella cura di un asilo che con il concorso del Comune di Forlì ella volle creare nella popolosa frazione di Bussecchio ove viveva a contatto dei rurali. L’asilo di cui parla Il Popolo di Romagna è l’edificio che oggi ospita il Comitato di quartiere.
Albina fu spesso impiegata dal regime come rappresentante della famiglia Mussolini in manifestazioni ed eventi. Il “Popolo di Romagna” non mancò di segnalare la sua presenza tra le “autorità” e il suo rapporto di parentela con il duce negli avvenimenti popolari di natura istituzionale. Ne sono solo un esempio la sua presenza in piazza Saffi in occasione dei festeggiamenti per la proclamazione dell’impero nel maggio del 1936 e quella per la realizzazione dell’asilo di Bussecchio.
Una curiosità. Albina abitava in Strada Fontanelle dove probabilmente possedeva alcune proprietà attigue. Nel 1935 chiese un ampliamento per una piccola abitazione. L’intervento prevedeva la realizzazione di una stanza ad uso salotto e di un bagno al piano terreno, servizio di cui era sprovvista. A formulare e firmare la richiesta di autorizzazione edilizia fu il figlio Francesco Ravaioli che in quel momento aveva 42 anni. Albina ne aveva 73. Il fatto lascia supporre che l’abitazione fosse destinata proprio al figlio. La chiusura amministrativa della pratica edilizia porta la data del settembre 1939. Albina era deceduta da alcuni mesi.
Le ultime cure della lunga malattia le furono prestate dal direttore sanitario primario prof. De Castro e dal suo assistente dott. Vanni Chiadini. L’assistenza religiosa fu del cappellano dell’ospedale don Calandri.
Il segretario federale Pio Teodorani Fabbri comunicò così il decesso: Oggi alle ore 14, la forte fibra di Albina Mussolini, zia paterna del Duce, piegava alla tormenta del male chiudendo gli occhi alla luce terrena. Una vita di lavoro tenace, illuminata dalla fiamma sempre viva del suo amore di Madre e dal conforto quotidiano delle opere di bene, si chiude nella grande visione delle conquiste titaniche di Colui che Ella ricordava ogni momento con orgoglio, con affetto, con fede. Il Fascismo forlivese inchina con profondo cordoglio i gagliardetti abbrunati ed eleva alla memoria della scomparsa il suo pensiero commosso. Camerata Albina Mussolini: Presente.
Per Albina Mussolini, oggi sconosciuta ai più, fu organizzato un funerale solenne coordinato da Achille Starace in persona. La Camera ardente fu allestita nel palazzo Littorio in piazza Aurelio Saffi e la cerimonia religiosa fu celebrata in Cattedrale dal vescovo Giuseppe Rolla. Manifesti di cordoglio per la “madre romagnola” nata e morta nella terra del duce furono, tra gli altri, pubblicati dalla Federazione dei Fasci di combattimento, dalla Federazione dei Fasci femminili, dal Municipio, dal Gruppo fascista rionale di Bussecchio.
Numerose persone visitarono la camera ardente addobbata da centinaia di targhe e un’ingente folla partecipò ai sontuosi funerali che si svolsero a spese del Comune. Le personalità non mancarono. Starace giunse assieme al segretario federale di Bologna, mentre Luigi Russo, capo di Stato maggiore della Milizia, arrivò in compagnia del generale Doro e di numerosi altri comandanti. Erano presenti il prefetto oscar Uccelli, il federale e un stuolo di autorità che val la pena citare: la fiduciaria provinciale dei Fasci femminili di Forlì Anna Menghini, il gen. Frattereppa Sandri per Il Popolo d’Italia, il gen. Zaglio in rappresentanza dei comandanti del Corpo d’armata di Bologna e della Divisione militare di Ravenna, il col. Paglieri in rappresentanza del comandante generale dell’arma dei regi Carabinieri, Paolucci Di Calboli Barone, i podestà di Forlì, Rimini, Cesena, Predappio e di numerosi altri comuni, il preside della Provincia, il procuratore del re, l’ing. capo del Genio civile comm. Taccheri, il regio provveditore agli studi. Seguirono il feretro tutte le organizzazioni del partito, i gruppo rionali, i reparti della Gil, le associazioni di guerra e i sindacati. Benito Mussolini inviò una corona di fiori.
Il corteo era preceduto da un plotone di Vigili del fuoco, dal labaro della federazione dei Fasci di combattimento, da un reparto della Milizia, dai gonfaloni del Comune e della Provincia, dalle organizzazioni femminili e dalla banda cittadina. Dal Duomo mosse per via Delle Torri, attraversò piazza Saffi per imboccare corso Vittorio Emanuele e giungere in piazzale Della Vittoria dove i reparti presentarono le armi e Starace eseguì il rito fascista. Al termine la salma di Albina Mussolini, scortata dalle Massaie rurali, proseguì per il cimitero di Bussecchio. Proprio il segretario del Pnf Achille Starace dispose, a nome del Direttorio nazionale del partito, un’offerta di 5.000 Lire a favore dell’asilo infantile che, ci fa sapere il redattore de Il Popolo di Romagna, il Comune aveva realizzato a Bussecchio: struttura di cui Albina Mussolini aveva curato in particolar modo la vita e lo sviluppo.
Bibliografia:
Il Popolo di Romagna, 1939.
Archivio di Stato di Forlì-Cesena Comune di Forlì, Moderno B 292, 1935.