Federico Secondo (1194 – 1250), figlio di Enrico VI e Costanza D’Alta Villa, re di Sicilia e di Germania, coronato imperatore da Onorio III, entra di diritto nella storia di Forlì.
L’aquila sveva in campo oro, che oggi troviamo sullo stemma della nostra città, fu da lui concessa come premio per l’aiuto che la Forlì ghibellina gli diede nella presa di Faenza nel 1241. Assieme all’aquila fu concesso il diritto di battere moneta.
Tra gli artigli dell’aquila appaiono due ovuli che in origine erano due scudi. Lo scudo vermiglio dei romani a cui fu sovrapposta una croce bianca a ricordo della partecipazione dei forlivese alla prima Crociata e lo scudo bianco con la scritta Libertas che vuole significare l’indipendenza. Forlì si resse infatti a Repubblica.
Il cronista Paolo Bonoli (XVIII) racconta che la croce bianca su campo rosso …sola tra le città di Romagna, eccettuata Bologna, la prese Forlì come quella che a questa guerra (la crociata di Urbano II) spedì molta gioventù distinta, …la parola poi Libertas, in segno d’essersi retta a repubblica.
L’araldica civica prevede ancora oggi, ma non sono rare le eccezioni, che gli stemmi dei Comuni presentino sul lato superiore una corona murale turrita. Il suo significato è autonomia, indipendenza della municipalità. Adorna poi lo scudo un elemento decorativo: due rami, uno di quercia e uno di ulivo. Proprio come quelli che si incrociano sotto la punta dello scudo forlivese.
Non si conosce la data di adozione dell’attuale stemma, ma lo stesso appare nelle odierne sembianze sulle Leggi della Comunità di Forlì del 1577.