Alcuni rappresentanti di Romagna, compresi i notabili di Forlì, si recarono a Roma per scongiurare il Papa Nicolò I affinché intervenisse per interrompere le vessazioni e gli abusi che l’arcivescovo Giovanni di Ravenna attuava sui cittadini e sulle istituzioni papali su tutto il territorio romagnolo. Gli avvertimenti a distanza e la scomunica inflitta all’arcivescovo non furono sufficienti e il Pontefice si recò personalmente a Ravenna dove mise perentoriamente fine ai disordini. Era l’anno 862: quasi 50 anni dopo la morte di Carlo Magno.
Il cronista e storico Sigismondo Marchesi nel XVII secolo racconta l’accaduto. Così la città nostra con tutta la Provincia – scrive il cronista postumo – s’andò pacificamente conservando sotto ‘l comando de’ Sommi Pontefici […] finchè Giovanni Arcivescovo di Ravenna, lasciandosi troppo gonfiare dalla superbia per la grandezza & antichità della sua Chiesa, disturbò alquanto la tranquillità della Romagna poichè era divenuto usurpatore dell’altrui facoltà, e del patrimonio della Chiesa Romana, dispreggiando li Legati Apostolici, deponendo preti e diaconi senza giudicio canonico e mettendo altri in fetide carceri: onde chiamato a Roma dal Papa, rifiutò d’andarvi, anzi si vantò di non essere tenuto d’andare al Sinodo, benchè tre volte chiamato fosse con lettere, che però fu scomunicato.
Allora l’arcivescovo scomunicato – raccontano Antonio Calandrini e Gian Michele Fusconi –, pur con riluttanza, dovette presentarsi a Roma. Ma lo fece solo dopo aver ottenuto dall’imperatore Lodovico di essere accompagnato da due suoi rappresentanti. Il Papa però non si fece intimorire dalla tracotanza dell’arcivescovo: rimproverò gli accompagnatori per aver appoggiato una persona scomunicata e ammonì Giovanni che ritrattò il 18 novembre 861 impegnandosi anche a restituire il maltolto. Una volta tornato a Ravenna gli impegni, tuttavia, non vennero mantenuti.
Fu allora che i senatori di Ravenna e notabili di tutta la Romagna si recarono a piedi per scongiurare il Papa di recarsi personalmente a Ravenna per dare conforto e soddisfazione alle persone colpite dalla superbia di Giovanni. Nicolò I accolse l’invito e dopo aver restituito ai legittimi proprietari il proprio avere tornò a Roma. Giovanni cercò ancora l’aiuto dell’imperatore, ma questa volta fu lo stesso Lodovico a invitare l’arcivescovo a sottomettersi al Papa. Tornato al cospetto del pontefice fu assolto dopo aver promesso obbedienza. E fu deciso, scrive lo storico della Chiesa Agostino Saba, che egli non potesse consacrar vescovo alcuno […] non doveva più impedire nessuno di recarsi a Roma, ne pretendere doni o tasse dalle altre chiese come era sua ingiusta abitudine.
Bibliografia:
Sigismondo Marchesi. Supplemento Istorico dell’antica città di Forlì. In Forlì per Gioseffo Selva all’insegna di S. Antonio Abate 1678. Con Licenza de’ Superiori.
Antonio Calandrini – Gian Michele Fusconi. Forlì e i suoi Vescovi. Volume 1. Dalle origini al secolo XIV. Studia Ravennatensia. Forlì 1985.
Agostino Saba. Storia dei Papi. Unione Tipografico-Editrice Torinese. Torino, 1939.