Razionalismo? Mettiamo alcuni evidenti distinguo. Ogni volta che si cita il viale della stazione di Forlì, con gli ormai famosi edifici che lo costeggiano, lo si definisce “quartiere razionalista”. … Sbagliato. Il quartiere razionalista non esiste. Il viale Della Libertà è una vetrina eccellente nello scenario italico di architettura del ‘900 e in particolare del periodo fascista, ma del razionalismo ha solo pochi aspetti. Di grande valore, ma parziali. Circoscritti. Per capirci: la casa del fascio di Como di Terragni, la stazione di Firenze di Michelucci o la Casa delle Armi di Moretti al Foro Italico, pietre miliari nella storia del Razionalismo, cosa c’azzeccano con il viale della stazione di Forlì? Poco. Ma, si badi, ciò non significa che gli edifici forlivesi non abbiano valore storico/documentale. Anzi. Il viale Della Libertà è paragonabile alla romana via Condotti, piena di stili e di vetrine alla moda. Neoclassico, eclettico, razionalista, littorio: a Forlì l’architettura del ‘900 ha la sua via Condotti, dove il razionalismo occupa un paio di vetrine importanti.
Il termine razionalista non significa fascista, non identifica la propaganda del regime e soprattutto non raffigura gli ideali di Mussolini. E’ vero, i razionalisti tentarono tenacemente di identificare la loro modernità con il regime, ma lo sposalizio non ci fu. Il razionalismo fu una grande occasione italiana, ma in verità rimase un’incompiuta. Grande colpa di questo non sviluppo l’ebbe proprio il fascismo che, con la fame ideologica di monumentalità, non lo fece proprio. Detto ciò, torniamo all’architettura non razionalista di casa nostra. La stazione ferroviaria è stata concepita prima che il razionalismo nascesse, la scuola De Amicis (Rosa Maltoni Mussolini), del forlivese Fuzzi, è chiaramente ispirata allo stile medievalizzante del Florestano Di Fausto che a Predappio ha progettato pressoché tutto. Le case Incis non si distanziano dal gusto eclettico e l’Istituto tecnico è di chiaro sapore littorio/monumentale.
Ma facciamo un salto in centro storico, dove l’ingegner Cesare Bazzani imperversa. Negli archivi dell’Istituto Luce c’è una foto che ritrae Piero Maria Bardi, gallerista romano, fascista, grande sostenitore del razionalismo, che mostra a Mussolini la “tavola degli orrori”. Alle sue spalle si vedono Adalberto Libera e Giuseppe Terragni (l’essenza del razionalismo) e sulla tavola un collage di lavori che i razionalisti definivano “del passato e incompatibili con l’era fascista”. Era il 1931. Sulla “tavola degli orrori” si riconoscevano opere di Piacentini, Giovannoni, Bazzani…! I giovani razionalisti si erano illusi di poter realizzare le grandi opere del regime ma avevano sottovalutato l’avversario. Questi tre progettisti disegneranno gran parte delle opere pubbliche del ventennio in Italia. Piacentini, Bazzani e Giovannoni erano accademici, non razionalisti.
A Forlì Bazzani lascerà ampiamente il segno e Gustavo Giovannoni restaurerà il chiostro di San Mercuriale. Marcello Piacentini, – genio ideatore di un’impensabile fusione tra razionalismo e classicismo per la celebrazione di Roma capitale del nuovo Impero – nella città del duce invece non lavorerà. Bazzani docet. Lavorerà però il suo grande allievo Cesare Valle.
E con Cesare Valle torniamo in viale della stazione per ammirare finalmente le due vetrine razionaliste. Razionaliste ma col chiaro segno del regime. Sono l’ex Gil, definita “uno splendido esempio di architettura razionale”, e l’ex Collegio Aeronautico, anch’esso un’opera di grande carattere ma parzialmente razionalista. Entrambe portano il segno del potere, della propaganda. Del regime. Posseggono infatti un’evidente parte monumentale. L’ex Gil eleva al cielo la vuota torre littoria, inutile se non all’ideologia, mentre l’ex collegio Bruno Mussolini, che sul piazzale Della Vittoria lascia leggere una partitura razionalista, su viale Roma mette in mostra una sontuosa monumentalità. Una monumentalità, quest’ultima, che ricorda senza dubbi il Rettorato dell’Università di Roma del 1935, nel quale Piacentini concepì il proprio concetto di stile littorio. Un concetto che piacque a Mussolini e ai gerarchi. Piacentini diventerà “architetto di corte” e l’architettura di regime prenderà una direzione più precisa. E quindi il nostro viale Della Libertà? Non facciamo il grave errore di chiamarlo quartiere razionalista. E’ chiaro che non lo è.
Bibliografia:
Marino Mambelli: 900 Forlivese, anzi Italiano. Editrice La Mandragora. Imola, 2011.
Luciana Prati, Ulisse Tramonti (a cura di): La città progettata: Forlì, Predappio, Castrocaro. Urbanistica e architettura fra le due guerre. Comune di Forlì, 1999.