Schiavonia-San Biagio è il nome di un quartiere che accosta due importantissime storie forlivesi: due toponimi che andremo a esaminare singolarmente.
Schiavonia
Le storie dei grandi personaggi sono sempre costellate di leggende: nel nostro caso è San Mercuriale ad essere il protagonista di una straordinaria vicenda legata alla nascita del nostro toponimo.
Alarico, durante una delle sue scorribande italiane, distrusse il borgo della Livia (costeggiava il fiume Montone) bruciando abitazioni e prendendo come schiavi circa 2mila forlivesi senza distinzione di sesso e di età. Leone Cobelli (cronista e pittore forlivese dei XV secolo) racconta: (…) desferono e saccomanoro la Liuia, e brusoro et presero molti homini et donni e mamoletti. Qualche tempo dopo, mosso da amore e carità, San Mercuriale raggiunse in Spagna quel re chiamato re astragotto sofferente per un gravissimo male e si presentò a lui come medico proponendo di guarirlo. Mercuriale pregò Dio perché il re fosse liberato dalla sua infermità per la redenzione del popolo forlivese, poi appoggiò le mani sul corpo del barbaro che subito fu sanato. Domanda quello che tu vuoi da mi disse Alarico e Allora sancto Mercoriale domandò li soi pecorelli, ciò è li soi forliuesi. Il re concesse la libertà ai duemila schiavi che condotti dal Grande Pastore, fecero ritorno in Italia; Mercurale li sistemò in quella parte del borgo Livia più vicina alla sua chiesa innescando così il meccanismo per la nascita del toponimo. Da allora sono passati più di 1500 anni.
La seconda lontana ipotesi sull’origine del toponimo parla di schiavi liberati al tempo remoto in cui barbari e romani iniziarono la lenta fusione delle culture. Parla di economia curtense e della divisione della popolazione in tre gruppi sociali: liberi, semi liberi, non liberi, cioè schiavi. La concentrazione nel luogo di quest’ultima categoria, che viveva probabilmente in condizioni disumane, si fissò nella memoria dei forlivesi fino a giungere ai giorni nostri. Proprio nel territorio di Schiavonia/San Biagio esiste un toponimo antico che porta credibilità a questa soluzione. Il toponimo è via Curte.
Schiavonia è un quartiere storicamente popolare, un quartiere che, escludendo il periodo romano, è l’erede di un’edilizia dimessa, in una zona spesso inondata dalle acque del fiume e soggetta a frequenti incendi. Nella prima metà del ‘400 il cronista Giovanni di Mastro Pedrino chiama quella zona forlivese Sciavania.
Ma formuliamo ipotesi più vicine nel tempo anche se ugualmente carenti di documentazioni tangibili.
A Treviso esiste una strada statale che si chiama Schiavonia. Il centro storico di Mottola (Taranto) è stato per secoli conosciuto come La Schiavonia. Nel comune padovano di Monselice esiste una zona chiamata area ex inceneritore di Schiavonia. A Bologna è presente una via Schiavonia. A Campobasso c’è un San Giacomo degli Schiavoni. Nel vicentino un comune si chiama Schiavon: tra i suoi abitanti il cognome Schiavo è al quarto posto per numero. A Pratola Peligna (L’Aquila), interessante è il rione Schiavonia. La città di Praia a Mare in provincia di Cosenza, attorno all’anno mille aveva nome Plaga Sclavorum, cioè la Spiaggia degli Schiavi, per la presenza di una colonia di dalmati provenienti dalla Slavonia o Schiavonia. Il nome Praja degli Schiavi lo troviamo fino all’Ottocento. Ginestra degli Schiavoni è un piccolo comune della Campania che sorge sulla destra del torrente Ginestra. Pare si chiami degli Schiavoni perché nel XVI secolo in quel punto vi fu condotta una colonia di Albanesi e Schiavoni. Ma per quale ragione fu condotta in quel luogo?
Cappele sul Tavo è nel territorio abruzzese di Pescara. Un antico manoscritto spiega che una colonia di Schiavoni fu chiamata a coltivare quelle zone poiché, causa le invasioni barbariche, la popolazione era molto diminuita. Senigallia (Ancona), fondata dai Galli Senoni, fu collocata da Dante Alighieri nel XVI canto dell’Inferno tra le città che termine hanno, cioè destinate a scomparire. Nel XIV secolo, infatti, la città marchigiana contava, causa la malaria, non più di 250 famiglie. La sua rinascita è da collocare nella metà del XV secolo, quando Sigismondo Pandolfo Malatesti la fortificò e la ripopolò promuovendo l’immigrazione con interessanti promesse: immunità dei debiti, esenzione dalle tasse e terra da coltivare. Gente ne arrivò. Di tutti i generi e spesso con qualche problema con la giustizia dei paesi d’origine: dall’Italia, dalla Turchia e dalla Schiavonia. Molti furono gli ebrei. Fu così che nacque il detto popolare Senigallia mezza ebrea e mezza canaglia.
A Venezia è famosa la passeggiata sulla Riva degli Schiavoni nei pressi di piazza San Marco. La vicinanza geografica portò frequenti contatti tra le due etnie, tanto che gli Schiavoni divennero valorosi e fedeli soldati della Serenissima Repubblica Veneta. Oggi esiste un sito internet realizzato dai Guerrieri Schiavoni, dal quale abbiamo tratto le notizie che seguono. Già alla fine del seicento gli Schiavoni erano indicati anche come Oltremarini (OM)… Loro arma caratteristica era la schiavona con lama a un filo e mezzo, lunga circa un metro, con impugnatura a spirale coperta di cuoio, e pomo piatto d’ottone ad alette… La lingua di servizio delle unità OM era l’illirico. Erano infatti principalmente Dalmati e Croati, ma includevano anche Albanesi, Morlacchi (Serbi), Aiduchi (Ungheresi) e, sia pure abusivamente, non pochi Turchi convertiti.
Dal Dizionario della Lingua Italiana Devoto Oli. Schiavo: (…) 2. Della Slavonia (dal latino medievale Slavus, prigioniero di guerra slavo. Dall’Etimologico Zanichelli: Latino Medievale sclavu(m), slavo poi servo. Sclavus si è cominciato ad usare in Germania nel significato di “schiavo” nei secoli X e XI, quando si verifica la prima grande corrente commerciale di vendita di schiavi slavi ed è stato poi ripreso, in questo senso, in Italia nel secolo XIII, quando si cominciano a importare qui schiavi slavi originari del sud-est europeo e dalle rive del Mar Nero.
Anche Forlì si servì di schiavi-slavi per realizzare opere? Disboscamenti? Per ripopolare l’antico foro di Livio? Per difendersi? Per realizzare bonifiche? Di certo la nostra città ha sempre avuto grandi problemi con i corsi d’acqua e con le loro imponenti regimazioni. Il disegno attuale del fiume Montone, il fiume che sfiora proprio la nostra Schiavonia è, ad esempio, il risultato di grandi opere idrauliche realizzate a partire dal XII secolo.
Un’ultima plausibile soluzioni all’origine del toponimo. La prendiamo in prestito da Ettore Casadei nel 1928 scrisse: Schiavonia. Dal nome dei pellegrini Schiavoni che presumibilmente si sono fermati nelle adiacenze della Chiesa di S. Maria in Schiavonia, come gli Scozzesi presso S. Pietro in Scotto. L’idea è quindi quella di un insediamento religioso, magari con attrezzature ospedaliere, destinato ai pellegrini slavi che nei loro itinerari sacri incontravano Forlì.
San Biagio
Come spesso accade il quartiere ha acquisito il nome di una chiesa che a sua volta lo ebbe da un santo: siamo al cospetto di un agiotoponimo. L’antica chiesa di San Biagio, realizzata probabilmente nel XII secolo, fu ricostruita nel 1700 e quindi soppressa nei primi dell’800. Le mansioni della chiesa soppressa furono trasferite nella vicina San Girolamo che divenne San Biagio in San Girolamo.
Voci correlate al quartiere Schiavonia San Biagio:
Da Campo dell’abbate a piazza Maggiore (piazza Saffi)
Piazza Vittorio Emanuele (Piazza Saffi)